giovedì 25 novembre 2004


NOVEMBER SUN


Era più o meno di questo periodo. Mi ricordo che portavo la gonna lunga grigia, le dr Martins nere, la camicia bordeaux con Titti, il cappotto nero e lo zainetto bordeaux. Quella mattina il barista di via Livorno mi aveva chiesto, rimproverandomi, se non stavo facendo tardi e se pensavo di entrare in seconda (ora)…non gli avevo tolto il piacere di avermi regalato 5 anni in meno: all’epoca ero al quarto anno di università e il liceo era francamente solo un ricordo.
Eravamo in macchina, io e Greg, era una giornata fredda e tersa, assolutamente stupenda, stavamo andando ad Acilia per Laboratorio di Urbanistica. Io ero confusa e già negli specchi mi riconoscevo poco. Avevo bisogno di capire, di parlare, di condividere. Di sentirmi rassicurata. E glielo dissi. Gli parlai di quella persona che voleva fare l’amore con me, di come la cosa mi turbasse, di quanto mi destabilizzasse, di quello che per me era un amico, di un ritorno che non capivo. Gli parlai del mio logico autocompiacimento della cosa, del mio sentirmi allo stesso tempo fragile e felice, delle mie certezze riguardo alla netta divisione tra amore e amicizia. Dello stupore di suscitare attrazione in un altro che non fosse il mio uomo. Parlammo molto, ma io non diedi mai un soggetto a tutto questo. Lo capì da solo. Mi disse un nome. E io non dissi nulla.
Spesso mi chiedo cosa sarebbe successo se in quel giorno di novembre io non avessi parlato, se avessi negato…se mi fossi semplicemente tenuta tutto dentro come lui avrebbe voluto.
E invece no.
Sbagli? Ne ho commessi tanti
sbagliai a non troncare subito quel turbamento sul nascere. A scrivere la mia vita a quello che da allora non avrei mai più potuto considerare solo un amico. A pensare che avremmo potuto rimanere amici nonostante quelle parole digitate che pesavano e continuano a pesare tra noi come macigni.
sbagliai a sentirmi in colpa per averne parlato, per aver salvaguardato me stessa, sbagliai a sentirmi in debito, a pensare che ad ogni costo dovevo recuperare una fiducia, sbagliai da allora a tenermi dentro il peso di quello che squassava l’anima che si manifestava nel peso che tornava ad essere quello di prima.
Sbagliai a far entrare una persona che non doveva entrare nella mia sfera intima, sbagliai a farla entrare all’interno di dinamiche di coppia, sbagliai a non dire che eravamo diventati tre.
Sbagliai a dare un’arma in mano qualcuno, a dargli gli strumenti per ferirmi e annientarmi, a fare tutto questo perché si fidasse di me.
Sbagliai a non parlarne col mio uomo, che in quel momento sentivo lontano.

Mi piace pensare che ora ho più consapevolezza, che ora non soffocherei nel grasso il mio turbamento, che sono più sicura di me e dei miei sentimenti, che non dipendo più da nessuno; mi piace pensare di essere sufficientemente autonoma da non dover parlare con nessuno se ho un problema, di essere sufficientemente conscia di me stessa da non permettere a nessuno di vietarmi di farlo se ne sento la necessità, di amarmi sufficientemente da capire che non si può chiedere scusa in eterno.
sono di nuovo tornata a quel peso ed è di nuovo una tersa giornata di novembre...














5 commenti:

  1. Hai sbagliato, forse, ma quella che sei adesso ti fa onore.

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  2. Ottimo commento su Panna, uno dei migliori

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  3. Dolcezza... mi ricordo solo ora di chiederti: dove e quando sarai al mercatino? Mi piacerebbe poter passare. ^_^

    Ho letto il commento sul blog di Panna (so' curiosa) e ti condivido molto... ^_^ Un baciotto.

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  4. peffavore, mi date il link di panna?volgio vedere quanto è brava a scrivere la mia amichetta!
    baci fra tvvbbbbbbb
    (quando fai il mercatino?)

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  5. Chi usa la testa fa paura perchè non è controllabile.
    Io non so se poi la uso così bene ma almeno ci provo, anche se è il modo migliore per avere tutti contro..

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