Nei mattini pallidi imburrati di foschia…
così inizia una delle più belle canzoni di Baglioni, Ragazze dell’est.
tanti anni fa a Pasqua un’allegra combriccola partì per circa 15 giorni. La meta era la Jugoslavjia, il mezzo era un transit, i partecipanti erano tre coppie, due delle quali con figli…uno di quei figli ero io.
la terra che ci accolse era già da allora quel grande calderone di etnie, lingue, usanze, religioni, scritture che poi sarebbe scoppiato insieme alla guerra pochi anni dopo. Trovammo povertà e paesaggi meravigliosi, non ancora contaminati dalle architetture occidentali di centri commerciali e ristoranti futuristi…era un paese in cui la gente affittava le camere per arrotondare il misero bilancio familiare, dove per mangiare in 9 spendevamo quanto una coppia in Italia…era un Paese che stava ancora conoscendo la fame che i nostri nonni avevano patito durante la seconda guerra e che a noi era stata, purtroppo o per fortuna, risparmiata… la gente chiedeva per farti dormire o farti mangiare quello che serviva loro per vivere, senza speculazioni perché avevano davvero bisogno di quei soldi.
in quei 15 giorni visitammo la Slovenia, la Croazia, ci spingemmo anche parecchio verso il basso…vedemmo dei posti veramente meravigliosi…la Cattedrale di Zagabria, i laghi di Plitvice (dove ho giurato a me stessa di riandare ora che li hanno riaperti), le cascate di Vintgar…luoghi che la guerra anni dopo avrebbe sistematicamente e deliberatamente distrutto e luoghi che sfuggirono allo scempio…
mia nonna è slovena, nata quando quella parte era Italia (quindi cittadina italiana a tutti gli effetti) ma da una famiglia del luogo, in un posto che era stato prima sotto l’Austria. La loro lingua era lo sloveno, le loro tradizioni erano slovene, la loro cucina era slovena. Mia nonna ha visto uccidere due maestre dai partigiani perché insegnavano la lingua sbagliata. Mia nonna è italiana ma le sue radici e il suo cuore sono slavi. Io sono cresciuta portandomi dentro una parte di questo bagaglio culturale. Ne’ io ne’ mia madre sappiamo lo sloveno, purtroppo, ma non escludo di impararlo prima o poi. Le feste a casa mia erano, e in parte ancora sono, sempre scandite da strudel e potica; da piccola ho imparato Astro del ciel in sloveno, sveta noč, so dire qualche parola in questa lingua per noi difficilissima che declina qualsiasi cosa.
in Yugoslavija ritrovammo la sorella di mia nonna, zia Leopoldina, una donna forte e buona, conobbi parenti di cui avevo sentito parlare, i ricordi di mia nonna iniziarono ad avere visi e parole,
ma la cosa che più è rimasta nella mente di quella bambina di quasi dieci anni è stata la gente…la gente che andava a fare la spesa al mercato, che sceglieva le verdure, che usciva da quelli che un occidentale avrebbe chiamato negozietti e che loro consideravano supermercati. Quella gente povera con una compostezza incredibile, quegli occhi così profondi, di gente che conosceva già allora il proprio destino, di gente che sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo…di gente che valutava le cose per quello che erano non per quello che sembravano…quella bambina improvvisamente si vergognò della scorta di gomme da masticare e caramelle che si era portata…quella bambina notò il contrasto tra sua madre, vestita sportiva ma comunque bene, pettinata e coi colpi di sole e quelle donne coi fazzoletti in testa, i vestitoni quasi informi e quella vaga tristezza e consapevolezza negli occhi…quella bambina fece caso che come si scendeva attraverso quella nazione, di cui aveva tanto sentito parlare e che aveva studiato a scuola, il paesaggio diventava più brullo e la gente più triste.
quella bambina non dimenticherà mai la Messa di Pasqua nella cattedrale di Zagabria, non dimenticherà la fila di donne coi canestrelli con le uova per il pranzo da far benedire.
non dimenticherà mai il pianto e gli occhi del bambino il cui cane scappando era finito sotto le ruote del loro transit, non dimenticherà il padre di quel bambino che, accorso, prese il cane e lo gettò nella spazzatura come a dire Figlio succede, non affezionarti troppo ne’ alla vita ne’ agli affetti. Quell’adolescente negli anni della guerra ha pensato spesso a quel bambino, sperando che la guerra non l’avesse gettato nel cassonetto con la stessa freddezza di suo padre col cane.
anni dopo sono tornata con Tiziano in Slovenia, in qualche modo volevo fargli vedere una parte di quelle che reputo le mie origini, siamo stati nel paese di mia nonna, Idrija, per scoprire che non ci sono più le donne che lavorano fuori alle case coi tomboli, che quella tradizione è andata persa, che ci sono palazzoni occidentali, scuri, incombenti…ho acceso un lume sulla tomba da cui i miei bisnonni mi salutano con un malinconico nasvidenije, arrivederci, ho cercato la casa dove è nata mia nonna, le ho comprato un disco di canzoni natalizie nella sua lingua, in modo che dopo anni sentisse ancora qualcuno invocare la pace, la speranza e Dio con le parole con cui lei aveva imparato ad invocarle anni e anni prima.
ma di quella atmosfera che per anni avevo associato a quel Paese non ho ritrovato nulla. Non sono potuta andare fino in Croazia, ne’ tornare a Plitvice, uno dei posti più belli che abbia mai visto, ma quello che ho visto della Slovenia mi ha lasciato atterrita: centri commerciali, ristoranti inutilmente costosi, speculazioni commerciali a go-go.
insomma avevo lasciato un posto povero ma non contaminato dal consumismo e dal bieco capitalismo e ne ritrovavo un altro in cui non c’era più la lotta contro la fame ma in cui la speculazione economica aveva distrutto le tradizioni e le caratteristiche del luogo…
sono passati un po’ di anni anche da quando sono tornata lì, ma da allora la mia coscienza politica e sociale non è più stata la stessa…una volta c’era gente che viveva di piccole cose e che gustava appieno quel poco che aveva ringraziando il suo Dio per quello, ma era gente repressa e infelice che non poteva esprimere un parere contrario a quello del governo, ora c’è gente felice, che può vestirsi come vuole e permettersi macchine belle come le nostre ma che ha perso le sue tradizioni e che si è piegata al capitalismo anche senza apparente grande difficoltà…
da allora mi chiedo spesso se il capitalismo sia una cosa buona o no…ci sono nata e cresciuta dentro, per me è facile criticare o esaltare questa realtà perché è l’unica che io conosca…
i ricordi di quella ragazzina di dieci anni e di quella donna di ventitre fanno sì che io cerchi di essere obiettiva e coerente ogni cosa io faccia, fanno sì che le miei idee politiche siano le mie e non quelle del partito che ho deciso di votare, che io mantenga i miei valori e le mie convinzioni, per sbagliate che siano finché qualcuno non mi dimostri che lo sono veramente. Come non mi fido di una Nazione capace di fare una guerra per motivi palesemente economici, non mi fido di chi mi propaganda la pace affiancando una bandiera fatta di tanti colori ad una che un colore ce l’ha ed è il colore del sangue che tanta gente ha versato in suo nome. Il fatto che in Italia non ci sia stata una dittatura comunista (ufficiale, visto che poi i libri di storia sono di una parzialità che dovrebbe spaventare e non lo fa: la manipolazione degli eventi, il dedicare pagine e pagine agli eccidi tedeschi e tre righe a quelli russi su libri su cui studiano tutti i neo elettori, non è una forma di dittatura culturale? Non riconoscere dignità e sdegno a quelle morti non è paragonabile al dimenticarsi di tutti i conflitti che ci sono nel mondo per farne uno più interessante dal punto di vista politico?) non significa che questa forma politica non abbia pecche.
cosa dà la felicità: la ricchezza o la dignità delle proprie tradizioni?
la felicità è nella possibilità, nella libertà che abbiamo di comportarci come crediamo…quello che discrimina, volenti o nolenti, questa nostra libertà non è una forma di governo o un’altra…ciò che regge lo stato di diritto nelle nazioni civili sono le forze dell’ordine, anche se sembra un controsenso. Ma nelle difficoltà della vita, nei momenti di bisogno, per tutelare i nostri diritti o per rifarci di un torto subito a chi ci rivolgiamo? Ai politici o alle forze dell’ordine?
scrivo queste cose perché è stato da poco l’anniversario della morte di un ragazzo a Genova, una pagine buia della nostra storia sociale e civile, una pagina su cui anche le forze dell’ordine hanno scritto col sangue, una pagine che per nulla al mondo dobbiamo dimenticare, una pagina che però vede uscire il ragazzo morto come un eroe. No, questo no. Perché andare in giro con un passamontagna a tirare estintori ai carabinieri non significa essere pacifisti, ne’ tanto meno eroi, perché non dimentichiamoci di quei negozianti che hanno visto i loro negozi rotti e distrutti o dei genovesi che hanno trovato la loro macchina distrutta… e perché? Perché il negozio, la banca, la macchina sono segni del capitalismo che va combattuto perché segno dell’ingiustizia sociale? E questa gente che fa queste splendide battaglie ideologiche dove va a fare la spesa? Fa il pane in casa? Dove mette i soldi? Sotto il mattone? Questi ragazzi che ora campano alle spalle di genitori abbienti un domani a chi chiederanno il mutuo per poter comprare la casa dove far crescere la loro famiglia? Questi ragazzi non hanno macchine?
queste contraddizioni, mi spiace, io non posso fare a meno di guardarle e di ragionarci.
perché se quei manifestanti hanno potuto, possono e potranno continuare a manifestare è perché c’è comunque un sistema di forze dell’ordine che li tutela e che li preserva, se possono stare tranquilli a mettere i soldi in banca è perché ci sono persone che fanno servizio antirapina, se possono andare in giro e non sentirsi nel far-west è perché ci sono un gruppo di uomini, e donne, coraggiosi pronti a rischiare la loro vita per una miseria. E questo non dimentichiamocelo, mai. Siamo umani e tutti sbagliamo ma dovremmo anche essere capaci di dire grazie. E di vedere anche le cose che non ci piace vedere e di ragionare con la nostra testa e di discernere quello che è ideale da quello che diventa speculazione politica.
io credo che noi dobbiamo ringraziare tutti i giorni la vita perché ci viene data la possibilità, la scelta, la libertà…libertà che è stata negata a molti popoli da diversi regimi. Io non so, sinceramente, cosa sia meglio tra comunismo e capitalismo, non mi riconosco pienamente in nessuno dei due ma sto raggiungendo la triste rassegnazione che ognuno dei due ti toglie una parte fondamentale di te.
e questo lunghissimo post, senza capo ne’ coda, mi spiace, non porta a nulla e non serve a nulla se non a farmi fermare su carta, o monitor, pensieri e ricordi che altrimenti sarebbero sfuggiti, ma quella bambina, quell’adolescente e quella donna stasera gridavano in me per uscire e per gridare la mondo che ci sono e ci sono state e soprattutto per ringraziare che non sia stata loro negata la più grande delle possibilità: la possibilità di esistere, e di pensare.