venerdì 27 marzo 2009

altro blog candy. un blog bellissimo, lo scrap è una delle cose con cui non mi sono ancora cimentata ma direi che non è mai troppo tardi.
fatevici un giro, vale la pena!1751Kcliccate sull'immagine per andare direttamente al blog candy

giovedì 26 marzo 2009


UN MESE FA...


Si dice, ovvero alla Fra avevano detto, che la seconda volta si anticipa, che è difficile arrivare alla dpp. E la Fra, che aveva l'utero contratto e contrazioni sparse fin da quando era di 7 settimane, c'aveva creduto. S'era pure preoccupata di partorire in anticipo e a ridosso della dpp aveva richiesto il supporto logistico della famiglia latana senior, che si era precipitata in corpo e delegazione in terra toscana per occuparsi del principino ereditario.
Senonchè la data presunta era arrivata e se n'era pure andata senza nulla di significante se non qualche contrazione pure dolorosetta ma assolutamente sporadica. La Fra era pure diventata una star nella farmacia dove andava due volte al giorno a misurarsi la pressione. Insomma era in atto un totonascita in piena regola.
Il 25 sarebbe stato il compleanno della suocera della suocera e, vista la predisposizione dei suoi figli all'intempestività e al dispetto, la Fra s'era convinta che il pituffo, anche solo per fare un dispetto alla nonna, sarebbe nato proprio in quel giorno. Ma anche il 25 se ne stava andando quando, verso le 11 di sera la Fra, davanti al pc, sente una bella contrazioncina forte. Se son rose fioriranno, esprime il suo dubbio e la sua speranza sul blog e si reca verso il talamo nuziale dove un marito sonnacchioso apre appena mezzo occhio. Da mezzanotte in poi le contrazioni sono ancora dolorose e hanno una cadenza di circa 8 minuti, più o meno. La Fra decide che non è il caso di tenerselo per sé e lo comunica al marito. Il quale marito, mentre del primo figlio due secondi dopo avergli detto che avevo qualche contrazioncina (manco forte) aveva gli occhi a piattino ed era pronto ad andare in ospedale, s'è praticamente girato dall'altra parte bofonchiando qualcosa che suonava vagamente come “ho sonno”. Ecco. Svegliato il marito recalcitante la Fra ha chiesto e ottenuto che il coresponsabile biologico controllasse, orologio alla mano, durata e intervallo delle contrazioni. Cosa che il marito non è riuscito a fare, ciucco di sonno com'era. Alle esortazioni della Fra ad andare in ospedale rispondeva con un laconico “aspettiamo la prossima”. Ora, non è che la Fra ci tenesse più di tanto a correre in ospedale...ma c'era un tampone positivo da arginare con un antibiotico e lo sapevamo. Insomma alle 2 e mezza finalmente la Fra convince il padre dei suoi figli che è proprio il caso di andare. Prima di andare sveglia il resto del contingente adulto della famiglia, comunica le novita e dice “vi faremo sapere”.
Arrivare in ospedale alle 3 del mattino è surreale: tutto ovattato, tutto soft...non sembra neanche che proprio lì si compia quel qualcosa di cruento e meraviglioso che è dare la vita. In quel silenzio veniamo accolti da un'ostetrica che mi visita e mi dice che sono pervia a due dita e il collo si sta appianando, quindi i 3 cm per il ricovero ci sarebbero. Mi mette il tracciato e arrivano delle contrazioni forti che però la macchina non registra come tali. Lo faccio notare e lei mi dice di non preoccuparmi...si vede che soffro. Più che altro mi ricovera per il fatto dell'antibiotico, che mi viene prontamente somministrato via flebo con un rabbocco da fare alle 11 e mezza del mattino. Ok, iniziano le danze. Prima della trafila del ricovero però mi chiede se posso aspettare perché c'è una ragazza che sta per partorire e deve assisterla. Figurati, tanto non credo di partorire nella prossima ora. La Fra, cui l'esperienza pregressa aveva pur insegnato qualcosa, decide di camminare un po' nel corridoio, finchè decide che è meglio sedersi e farsi massaggiare la schiena dal marito. Si sentono delle urla, poi un pianto disperato. Vicino a me una neononna piange di emozione e poco dopo abbraccia un figlio che è diventato padre. È un'emozione che conosco e mi viene da piangere.
Finalmente ci ricoverano. Non sono ancora in travaglio attivo quindi dovrei andare in reparto e mandare a casa il marito; credo sia bastata la mia faccia a far capire all'ostetrica che forse era meglio trovare una soluzione alternativa. Ci mettono in una saletta di osservazione a ridosso del blocco parto: siamo al chiuso, camminare è difficile, ma siamo noi due e va bene così. Più o meno sono le 4 del mattino e sono sempre di 3 cm. Le seguenti 3 ore passano sdraiata sul fianco con la mano che stritola quella del marito e il volume della musica dell'auricolare che si alza al massimo nel picco delle contrazioni. Che sono circa ogni 2-3 minuti e ne durano 1. Una a canzone.
Alle 7 meno qualche minuto torna l'ostetrica, che sta per staccare, e mi visita: 6 cm. Speravo di più, mi assale il tipico sconforto e piango di stanchezza, di dolore, di impazienza. Tutti mi consolano, mi incoraggiano. Arriva un'altra ostetrica, che è talmente giovane che scambio per un'infermiera, e ci dice “andiamo in sala travaglio”. Facciamo un breve pit-stop in bagno poi ci dirigiamo in sala travaglio. Non è quella dove ho fatto il travaglio di Piergiorgio: è più grande, ha la vasca, la palla, un sacco di cose che neanche riesco a focalizzare. Già perché, essendomi tirata su in piedi, le contrazioni sono diventate fortissime, ravvicinate, insopportabili. Non so come Tiziano ed Elisa, l'ostetrica, mi convincono a rimanere in piedi. A quel punto mi ritornano in mente tutte le cose dette al corso preparto, i consigli. Seguo il mio insinto e mi piego sulle ginocchia oscillando il bacino e tenendomi al marito. Dopo tipo 20 minuti così, sono esausta e sento di non farcela più. So che 20 minuti prima ero di 6 cm, so che me ne mancano 4, so che di Piergiorgio quei 4 cm sono state 4 ore, so che le contrazioni sono molto più forti di allora, so che non ho ancora rotto le acque e quando succederà sarà peggio.
Chiedo l'epidurale.
Imploro l'epidurale.
Tiziano è assolutamente contrario e io so che ha ragione, so che potrei non sentire le spinte, so che neanche io in realtà la voglio, che l'idea di un ago tra le vertebre mi atterrisce, ma il dolore è fortissimo e non so come gestirlo nelle prossime ore. Elisa mi dice che non serve, che gli ultimi 4 cm per una al secondo parto sono più facili, che il peggio è passato. Non le credo, come da copione. Alla fine mi vede così stremata che mi dice ”se vuoi chiamo la dottoressa e l'anestesista” poi aggiunge “però secondo me non serve: proviamo a fare una bella doccia, ti rilassi e sopporti meglio le contrazioni...se poi vorrai ancora l'epidurale, la facciamo”. Ok, vada per la doccia, però prima deve controllare il battito del bimbo e visitare me.
Stranamente, mentre del primo travaglio ricordo le visite come il momento peggiore, stavolta è il macchinario per sentire il battito che non sopporto: mentre il primo travaglio era tutto con contrazioni di reni, questo era caratterizzato da contrazioni fortissime ma a livello delle ovaie, tipo dolori mestruali insostenibili, quindi il rilevatore mi obbligava a tenere una postura che mi faceva sentire di più la contrazione.
Insomma sente il battito e va tutto benissimo. Mi chiede di sdraiarmi.
Se c'è un vantaggio, al secondo parto, è quello di capire veramente qual è il proprio ruolo nell'evento. Capire cosa si può chiedere, cosa si può ottenere, cosa si può pretendere. Mentre la prima volta ero stata lì passiva a vedere che gli altri decidevano cosa e come fare del mio corpo, questa volta ero ben decisa a partecipare alla discussione, quanto meno. Perciò chiedo ad Elisa se può visitarmi mentre sono in piedi. Mi dice di no, però mi spiega anche il perché il che nella mia top ten personale la fa salire decisamente di posto. Nel frattempo arriva una contrazione e mi piego appoggiandomi al lettino. Mi guarda e fa una faccia strana ma non dice nulla. Finalmente riesco a salire sul letto, lei aspetta la contrazione e mi visita. Sono le 7 e mezza.
“Sei a dilatazione completa”
opporc...come a dilatazione completa...mezz'ora fa ero di 6 cm...
“comunque la testa è ancora alta e il sacco integro”
ah, ecco.
“Perché non lo rompi?”
“Perché hai un tampone positivo e meno lui sta a contatto col tuo collo dell'utero e meglio è”
“Ok, era solo un'idea”
“Se senti di spingere inizia pure a farlo”
io veramente era un po' che iniziavo a sentire l'esigenza di spingere però credevo fosse troppo presto...
Una spinta.
La testa di mio figlio scende tutta insieme, rompe il sacco e si presenta dove deve.
Elisa mi dice di non spingere più assolutamente, dobbiamo andare in sala parto. Non capisco ma a quel punto mi fido, finora tutto quello che mi ha detto si è rivelato giusto. Solo che la prima cosa che penso è “cazzo dici, non riesco a bloccare le spinte, non ci riuscirò mai, lo faccio qui”. Con uno sforzo sovrumano blocco la spinta seguente e piano piano, sostenuta da lei e Tiziano faccio quei 10 metri che mi separano dal lettino della sala parto. Non mi giro, non mi guardo indietro. Per fortuna. Le acque, scoprirò dopo da Tiziano, erano verdi ramarro ed è per questo che Elisa ci ha portato in sala parto.
Salgo sul letto, a fatica, mi posiziono come so e , forte dell'esperienza, espongo le mie ragioni. In pratica dico che se ci fosse bisogno dell'episiotomia ok ma pretendo l'anestesia prima. La dottoressa mi chiede se la voglio e io dico “no, è solo che del primo me l'hanno fatta e mi sono trovata tutto sommato bene. secondo lei serve?” la risposta è no. Ok, no.
“puoi ricominciare a spingere”
Chiunque mi conosca, anche non benissimo, sa che io non sono una sportiva, non sono particolarmente attiva, sono obesa e sempre a litigare coi kg in più...eppure, nascosti da chissà quanti strati di ciccia, coltivati per tigna e per dimostrare a me stessa che posso farcela durante le lezioni in piscina, ho degli addominali forti. Che stupiscono anche me, peraltro.
Credevo che stavolta sarebbe stato diverso, credevo di essere molto meno allenata, credevo che senza episiotomia il tutto sarebbe durato di più.
“la fase espulsiva dura circa 1 ora”, così si legge nei manuali.
Una spinta.
Una sola.
Una sola, lunghissima, spinta.
Con la coda dell'occhio vedo l'ostetrica stupitissima che prende i ferri, ma so che non farà in tempo.
Un forte bruciore, un forte sollievo, qualcosa di grosso che passa, qualcuno che dice ok riposati ma io non ci riesco e continuo quella spinta.
Sento sgusciare via qualcosa da dentro di me e un attimo dopo quel qualcosa di sporco, urlante (che anche stavolta non sento piangere)e meraviglioso che è mio figlio mi guarda dal mio seno, dove è appena stato appoggiato.
E non ho neanche avuto il tempo di assaporarlo quel momento, il momento della sua nascita, da quanto è stato veloce.
Lo guardo, gli parlo, cerco di calmarlo sussurrandogli filastrocche inventate lì per lì, dicendogli che lo amo.
Con calma lo portano a lavare, vestire, pesare.
Trechiliseienovantaquanttro. 51 cm.
Nel frattempo un'altra spinta e esce la placenta, poi mi ricuciono un bel po' (praticamente ho passato più tempo a farmi ricucire che in sala travaglio) e di nuovo in sala travaglio, dove vengo accompagnata in bagno da una sempre più splendida Elisa che mi conferma che quando s'è resa conto che era il caso di tagliare non c'è già più tempo perché il parto era stato molto precipitoso.
A quel punto ci riportano nostro figlio e finalmente riusciamo a concentrarci su di noi, su di lui, su quello che questa nuova nascita significa, sull'emozione di averla condivisa, come tutto quello che ci succede negli ultimi 17 anni.
E quello che penso, come allora, come sempre, è che sono grata alla vita per avermi dato un Uomo che mi ama, che mi ha dato la gioia e la fortuna di essere madre. Che mi ha dato due figli spendidi e che forse me ne darà ancora.
Che questo bambino l'ho amato con tutta me stessa da quando era solo un dubbio, una scarsa possibilità.
Che guardo i miei figli, l'Uomo che me li ha dati, e quello che provo è solo un amore immenso, per tutti e tre.
Benvenuto Valerio.