lunedì 30 maggio 2005

LA POSSIBILITA' DI FAR VIVERE


la striscettina in alto a sinistra vuole essere una testimonianza e un invito.
c'è una legge. e ci sono delle posizioni etiche e morali. quali che siano vanno consapevolmente difese. o si o no, il non so lasciamolo ai sondaggi e ai bambini.
l'abrogazione della legge di fatto offre solo la possibilità a chi la pensa diversamente di esercitare un diritto che all'altro non toglie nulla.
una delle più grandi paure di una donna è quella di non poter avere un figlio. sì c'è l'adozione ma, permettetemi, non è la stessa cosa. una donna che non riesce a procreare non ne sarà certo felice, no? la scelta di ricorrere alla fecondazione assistita è dolorosa. ed è un cammino lungo, fatto di prelievi, tentativi, attecchimenti, speranze. ma è un cammino che spesso restituisce alla donna fiducia e autostima.
io non so se lo farei, ma sarei felice di averne la possibilità, sarei felice di non dover prendere un mutuo per andare all'estero a fare quello che, visto che chiediamo permesso al vaticano anche per pisciare, qui non mi sarebbe concesso fare.
il mondo medico è diviso e non esiste cmq una visione chiara, netta e precisa del momento in cui un ammasso di cellule possa definirsi un uomo. credo che sia una cosa troppo personale per essere legiferata. è un'etica troppo delicata per essere forzatamente condivisa. non si parla di bambini ma di embrioni e feti.
per quanto riguarda il no alla fecondazione eterologa francamente non lo capisco. se una coppia può adottare un bambino figlio di altre persone perchè non può far nascere un bambino che non è geneticamente figlio suo al 100%? una donna trasmette anticorpi, sensazioni, musiche, comportamenti, gioia al bambino che cresce dentro la sua pancia e questo indifferentemente se nasca da un suo ovulo e dal seme di suo marito o dall'ovulo di un altra o dal seme di un altro. non è figlio della coppia. bene, vero. ma allora i figli di primo letto di genitori che poi si risposano?
se a questo referendum vinceranno i sì, come mi auguro, e dal canto mio mi faccio 500 km in due giorni per dare il mio modesto contributo affinché questo accada, sarà una vittoria per tutti. e molte, purtroppo sono tante, donne potranno crescere dentro di sé un figlio, una vita.

EDIT delle 17:30
in un commento (per ora l'unico ^^') mi si fa notare che l'astensionismo non significa "non so". beh, in realtà può anche significare "sono impossibilitato a votare". voglio dire, i miei nonni hanno 174 anni in due difficile che vadano a votare, mia sorella, invalida al 100%, è iscritta cmq alle liste elettorali ma non andrà a votare. e io quello lo accetto, è normale. se anche mi dici: "non vado a votare perché non sono riuscito a documentarmi sulla legge per cui non me la sento di esprimere un parere" ci sto, è giusto (ed è il "non so"). però io credo che se si è sicuri della propria idea e della propria opinione bisogna prendersene le responsabilità e andare a votare. ripeto, io non entro nel merito anche perché è un campo quantomeno delicato. io ho le mie idee e le porto avanti. mi piacerebbe che lo facessero anche quelli che non la pensano come me. altrimenti finiscono nel calderone del "non so", appunto.

giovedì 26 maggio 2005

domenica sera, lungomare di Follonica. quattro persone passeggiano, a due a due abbracciati e felici. poi una sosta, una panchina, le coppie si separano. uno rolla una sigaretta . ne fai una anche per me? bastano una, due boccate per rivivere le prime sigarette rubate a 12 anni. le marlboro rosse comprate lontano da casa e nascoste dietro il vaso del pianerottolo di casa mia. io e Barbara dietro il campetto, io e Barbara ancora felici e non vittime. poi il liceo, le sigarette ufficiali, quelle che non devi nasconderti da nessuno. l'università e la scoperta di un fumo nuovo. e Milena. i mercatini, le sigarette smezzate nel freddo di giornate di fine anno coi guanti a servire clienti in piazza. tutto questo pensavo e rivivevo. tutto questo volava via nel fluttuare azzurrino del tabacco fumato. mi gira la testa. Gianluca dice non dovevi respirarla tutta se è da tanto che non fumavi. non è fumo, sono i ricordi. quelle immagini che associo agli odori, quelle sensazioni, quel calore. Milena ritorna a riempirmi i pensieri in momenti come questi. un anno e mezzo fa l'ultima sigaretta, stesse sensazioni, sono scappata. l'intensità dei ricordi mi colpì in pieno petto, non ero pronta. ora li gusto, li assaporo. siamo cambiati, siamo cambiate. non potrei più essere Marcie e dire "si capo". e mi sono accorta, semplicemente, che lei non voleva essere Piperita Patty. quest'estate un posto nuovo in cui fare mercatini. ci ho pensato, la vorrei al mio fianco. verrebbe? non lo so. le nostre vite hanno preso binari separati. ci rincontriamo e ci scambiamo i pensieri con la gioia e la confidenza di sempre, ma ci incontriamo a stazioni diverse da quelle di prima. la nostra amicizia passa per altre strade. ma le voglio un gran bene. vorrei chiederle di fare una cosa importante, molto importante, per me. ma devo essere pronta ad un rifiuto, e non so se lo sono.

mi stavo chiedendo per quanto ancora sarei scampata a questo tormentone simpatico test e ora grazie a lei anche il mio blogghetto ha il suo momento trendy:


Volume totale dei miei file musicali: tra i miei e quelli del coinquilino diciamo 10 dvd pieni?


Ultimo cd acquistato: "sono io, l'uomo della storia accanto" di Baglioni, due anni fa o giù di lì. Baglioni rimane l'unico di cui voglio gli originali


Canzone che sta suonando ora: "et misericordia" dal Magnificat di Vivaldi

Cinque canzoni che ultimamente ascolto spesso: i bambini fanno ooo, theme from Anastasia, theme from The Piano, Vaghe stelle dell'Orsa dei Matia, Cleptomania degli Sugarfree.


ah, pare che così io abbia dimostrato di non essere affatto trendy...vabbé, sopravviverete.


sentite francamente il testimone non lo passo...tutti i miei contatti l'hanno già fatto...ciò dovrebbe farmi riflettere?


venerdì 20 maggio 2005

CATERING


vista la recente acquisizione di questo (la versione precedente,in prestito) e questo (in regalo) all'interno del nostro parco-elettrodomestici, noi siamo pronti...e voi?

mercoledì 18 maggio 2005

Ognuno ha voglia di sapere il proprio posto qual è…mentre ripensavo e rigustavo il concerto di sabato, mi veniva da riflettere su cosa abbia portato e stia portando allo sfasciamento del coro.
S’è formato un altro coro, più piccolo. Un coro selezionato, fatto di gente che si impegna, di gente molto intonata, di gente che nella maggior parte dei casi studia tecnica vocale o ha uno strumento a casa, di gente nuova e di gente che fa parte del coro “grande”. Un po’ un figlio bastardo, come dire. Avrei potuto dire illegittimo, sarebbe stato più carino, più politically correct. Purtroppo però è così che viene visto dal coro “madre”. La mia impressione è che le persone non sappiano più qual è il loro ruolo. Il coro piccolo ufficialmente studia le parti più difficili ma di fatto supporta fortemente la rimanente parte del coro in tutti i pezzi. Venerdì, dopo la prova, parlando con un contralto mi sono dichiarata piacevolmente stupita dei risultati ottenuti in questi mesi, ho detto che la prova era stata bellissima, ho comunicato le mie emozioni. Lei mi ha risposto, con amarezza più che con ironia, che i pezzi erano venuti bene perché non li aveva cantati il coro. Lì per lì ho solo incamerato le parole, la consapevolezza del concetto m’è venuta dopo. E ho capito. Ho capito il malcontento, ho capito la sensazione di essere i figli di serie B, quelli sempre un po’ bocciati, quelli che fanno numero nelle foto di famiglia, quelli che però non ti sogneresti mai di portare ad una cena ufficiale. Quelli che ora chiedono insistentemente e con tutti i mezzi, puliti e anche molto molto sporchi, a voce o coi fatti, personalmente o nascondendosi dietro l’accademia, che si torni in un ambito rassicurante fatto di canzoni e partiture di livello più basso. Il mio primo pensiero, lo ammetto e l’ho scritto, è stato che fossero persone non in grado di emozionarsi per e mediante la musica. Poi mi sono rivista nelle lacrime che ho versato nel momento in cui è stato fatto vacillare quello che io pensavo fosse il mio ruolo, una delle mie certezze. Io sono riuscita a riprendermi quel posto che volevo mio, sono riuscita a prendermi un ruolo rubato finanche all’interno del coro piccolo. Ma io conosco la musica. La so leggere e seguire. Loro no. E probabilmente non impareranno mai. Un po’ magari non sono portati, un po’ non sono motivati. Di certo questo sentirsi estranei in casa propria non aiuta. Il coro piccolo, da parte sua, non si rende minimamente conto di ciò che vuol dire questa esclusione. Cammina da solo nella sua autonomia lasciando agli altri la precisa consapevolezza di essere zoppi.
Un anno fa si formò un coro parallelo, del coro ufficiale ne facevamo parte in 5 o 6. Era totalmente indipendente, si riuniva in un’altra città. Eppure ciò creò malcontento all’interno del coro. Ci si chiedeva perché il maestro non li avesse invitati a fare il provino (sì, era un coro ad audizioni) o non li avesse presi. A noi il provino non fu richiesto perché sarebbe stato ridicolo: studiavamo tutti tecnica vocale con lui, lui conosceva la nostra voce anche meglio di noi, sapeva valutarne i difetti e le potenzialità. C’era gente all’interno del coro che ci rimase male. A me e a Linda venivano fatte domande casuali e ricorrenti su quello che si stava studiando. Chiaramente ci si riuniva in giorni diversi. Linda si trovò presto di fronte ad una scelta, non ce la faceva a seguirli entrambi, aveva la maturità. Scelse il secondo. Chiaramente. Era un coro di musica barocca. Le partiture erano molto belle e dalla prova si usciva sempre arricchiti, non si aveva mai la sensazione di aver sprecato tempo, non bisognava passare due ore sulle note di una voce. Il coro prese la fuoriuscita di Linda malissimo. Qualcuno disse al maestro che portava via le voci migliori dal coro. Si trattava di libera scelta, ovviamente, ma quello era un concetto più difficile da accettare. Io mi uccidevo per mantenere entrambi gli impegni, oltre alle lezioni di tecnica vocale e al lavoro che mi impegnava quelle 10 ore medie giornaliere. Poi il progetto dell’altro coro fallì, eravamo troppo pochi. Nel coro tornò l’armonia, come se qualcuno dall’alto avesse riacceso la luce, era stata tolta la spina irritativa.  In questa situazione, lampantemente analoga e tragicamente peggiore (il coro piccolo è di fatto una parte del coro grande), alcuni degli esclusi di un anno fa ora sono i protagonisti. Le persone che un anno fa volevano quasi mandar via il maestro perché “che palle ‘sto barocco” sono cresciute, hanno iniziato a studiare, sono state gratificate nel loro cammino da una sorta di promozione. E, come tutte le persone che crescono, non ricordano di essere state qualcosa di diverso. E criticano, non capiscono.
il coro si sta sfasciando perché parla lingue diverse, perché cammina su strade diverse e ha obiettivi diversi. Il coro si sta sfasciando perché per alcuni un “do” è un’emissione di voce che preclude ad un suono e per altri è una semplice nota. Si sta spaccando perché per alcuni un fiato è un qualcosa che ti nasce da dentro e su cui letteralmente appoggiare il suono, per gli altri è semplicemente un respiro. Sta implodendo perché la musica non è più un modo di comunicare, ed era l’unico linguaggio comune possibile.

sabato 14 maggio 2005

Se ci sono cose che non mi mancano affatto del posto che ho lasciato, sicuramente quella che mi manca meno è il traffico.2 ore e mezza per arrivare da casa al raccordo e 1 ora e mezza dal raccordo ai castelli...non ci sono parole ripetibili...
di corsa, ma pare che io sia riuscita a fare praticamente tutto quello che mi ero prefissata di fare...l'oculista, l'ottico che mi ha dato altre lenti in prova (si, ogni tanto le rimetto), l'ikea, il negozio di hobbistica, quello di casalinghi, l'orafo ( e finalmente l'anello di tiziano è tornato al suo posto, il mio anulare destro), studio vecchio (recuperata anche la certificazione delle ritenute dell'anno scorso), commercialista, fumetteria, prove del coro...
già il coro...ci sono andata forse anche un po' sulle mie. sono una stronza, e lo so. mi sono resa conto che rispetto a certe persone mi ritengo superiore. che i fatti mi diano ragione è un alto paio di maniche. resta il fatto che mi sento importante. forse lo ero, forse no, forse lo sono, forse no. ma conoscere la musica e avere il dono del senso del ritmo non fanno me migliore degli altri che faticano per arrivare a quello che per me è il punto base. la lontananza mi ha fatto rendere conto di questa cosa. quando ero parte del coro veramente, ovvero fino a cinque mesi fa, non avevo questa sensazione, forse perchè respiravo lo spirito del coro. non mi sentivo superiore. ora sì. e, per quanto non lo faccia di proposito, questa cosa non mi piace molto, fa di me una persona peggiore. detto questo ci sono andata con una paura mostruosa di sbagliare e della reazione del maestro. ci sono andata poco convinta di fare il concerto il giorno dopo.e poi. poi ho sentito l'affetto reale di alcuni dei coristi, anche il totale disinteresse degli altri ma non mi ha fatto né caldo né freddo. poi ho visto il maestro e il sentimento predominante che ho provato è stata la stima. poi ho aperto la partitura e tutto quello che mi circondava non ha avuto più senso. sono nata per cantare, mi piace la mia voce e il canto e la musica in genere riescono a farmi esprimere come niente altro.  così alla prova ho cantato e ho cantato bene considerando che dal giorno della telefonata del maestro non avevo né studiato né ascoltato il cd. così ho deciso, di comune accordo con il maestro, di fare il concerto.
sul concerto ci sarebbe molto, moltissimo da dire. ma non sono capace. l'emozione di cantare nella chiesa del bernini, un luogo sacro intriso di barocco puro, il magnificat di vivaldi trascende l'uso della parola. mi sono emozionata io cantandolo, alcuni tra il pubblico avevano le lacrime agli occhi. un posto bellissimo, una musica in grado di toccare le nostre corde interiori, voci bellissime, strumenti incredibili (voglio dire: due violini, una viola, un violoncello, un fagotto, un liuto, l'organo...). non mi ero mai, mai, emozionata tanto cantando un pezzo.
parlando un po' di tempo fa con Linda riflettevamo sul fatto che la musica ci trasmette delle sensazioni assolutamente particolari. non le saprei spiegare. a volte mi sembra di far l'amore con la musica. pura armonia, pura gioia, pura pace. è come se certe note, certi accordi, certe tonalità (specialmente le minori) facessero un effetto di risonanza con le mie, nostre in quel caso, frequenze interne. queste emozioni io non posso dimenticarle e non posso non essere riconoscente nei confronti della persona che me la ha fatte scoprire, il mio Maestro. ed è vero mi ha ferita ma mi sono resa conto che non l'ha fatto apposta che non se ne è neanche reso conto. Socrate parlava di maieutica, l'arte delle levatrici, l'arte del tirar fuori quello che uno ha dentro. questo è stato il Maestro per me, questo è stato il coro...
il coro. ho lasciato un coro unito ma scarso dal punto di vista della preparazione, ritrovo un coro molto serio e preparato in grado di portare avanti dei pezzi quantomeno impegnativi, ma un coro diviso. gruppi, gelosie, insoddisfazioni, puerilità. troppe cose che con la musica e con le emozioni di cui sopra non hanno nulla a che vedere. alcuni di loro hanno scoperto la dimensione emozionale del cantare e hanno entusiasmo e voglia di imparare, altri vorrebbero un coro per svagarsi e per soddisfare un semplice criterio di appartenenza. ma vorrebbero anche che i primi facessero finta di non volere qualcosa di diverso, vorrebbero che scendessero di nuovo ad un livello comune, rassicurante. ma come puoi pensare che qualcuno che si riempie il cuore di musica possa voler tornare a cantare solo per esercizio vocale? è un po' quello che è successo a me, forse si finisce per sentirsi superiori e per diventare intransigenti verso chi non sa le note e le partiture... non so, visto da fuori il coro sembrava uniro e preparato, visto da dentro è un'unione di persone che cantano senza un fine comune, molto triste...

venerdì 13 maggio 2005

in procinto di riscendere, da sola, mi chiedo quando la mia vita prenderà un tono diciamo meno da...da...da...emigrante, ecco.
scendo a rm oggi per portare le fatture del 1° trimestre al commercialista (azz, m'ero scordata che lunedì scade l'iva, porc...). con ogni probabilità staserà andrò alla prova generale del coro e vedrò come andrà, soprattutto dal punto di vista emozionale.
in più, per varie vicissitudini familiari, stiamo cercando una nuova macchinetta per me, preferibilmente un ka, usata. perciò sabato si girano concessionari e poi bisogna farci rientrare anche l'ikea (e quandomai ce la facciamo mancare).
la mia vita sta prendendo una svolta, cmq. ho prenotato il mercatino finalmente anche qui. perciò a luglio tutti i sabati (gli altri giorni lavoro e la domenica non sarebbe positivo perché il giorno dopo si lavora, chiaramente) sarò al mercatino di via Roma (o traversa, ancora non m'è chiaro) a Follonica dalle 18 alle 24. una figata, siamo vicini al mare. e m'è tornata la voglia di produrre qualcosa di mio.
il progetto per le bomboniere sta prendendo corpo, devo fare giusto qualche prova, ma direi che potremmo esserci.
insomma in fin dei conti è un bel periodo, abbastanza massacrante dal punto di vista della stanchezza ma molto ricco di contenuti.
credo che posterò anche da giù, se mi riesce...altrimenti buona vita!

mercoledì 11 maggio 2005

PRIMAVERA E BALCONI


E' arrivata la primavera e i balconi sono tutto un fiorire di gerani, primule, giacinti, petunie, insomma qualsiasi tipo di pianta da fiore...
il nostro balcone ospita pomodori, sedano, basilico, zucche ornamentali, lattuga, rughetta, insalata riccia, cipolle, fragole...

lunedì 9 maggio 2005

SONO SOLO CANZONETTE?


 


 


 


Una persona del coro mi ha chiamato. Mi ha raccontato delle cose. Ha dato un contesto a delle parole che mi hanno chiuso lo stomaco per tre giorni. Ha, di fatto, ridimensionato la portata delle parole del maestro. Eppure.
eppure, non so.
mi sarebbe piaciuto che a cercare il chiarimento spiegandomi le cose fosse stata la stessa persona che mi aveva ferito, in fondo solo chi ci ha fatto piangere può consolarci veramente. Mi sento ancora abbastanza ferita e abbastanza sola. Le coincidenze che in questi giorni si erano affacciate nella mia mente ci hanno messo un tarlo che fatica ad andarsene.
la cosa ha però, di fatto, spostato il peso della decisione da prendere tutto dalla mia parte. E non so cosa fare. Se dar retta alla parte di me che ha sanguinato un bel po’ o quella che attraverso il canto è sempre stata qualcosa di diverso.
sto cercando di capire quale delle due parti è più importante assecondare. Da una parte l’orgoglio ferito e la spiacevole sensazione di aver creduto in qualcosa che non ha creduto in me, dall’altra l’emozione che la musica riesce a darmi. Forse per capire devo analizzare veramente quanto per me la musica, l’espressione vocale di un brano, siano importanti.
sono tornata alle origini, ascoltando i matia. La prima volta che mi emozionavo per una voce. Non per le parole o la musica. Era la voce che mi comunicava qualcosa. E, allora, quella voce era così simile alla mia. Coi miei acuti, con la voce ad una punta di spillo, mi ero sempre ritrovata a cantare per gli altri, mai con gli altri. In quel momento ho scoperto che c’era qualcuno che potevo prendere a riferimento, c’era qualcuno che cantava le mie stesse note. Mi mancava però il contesto. Ho sempre trovato gente che mi rimproverava questa voce alta, questi toni sempre nella parte superiore del pentagramma, questa voce che si stirava ai limiti del falsetto. Uno stress. Finché poco meno di dieci anni fa ad Ariccia è nato un coro. E, come succede ad Hercules nell’omonimo film di WD, finalmente ho trovato il luogo dove potevo essere me stessa, dove la mia voce non creava fastidio. Ed erano serate bellissime, sono stati concerti molto belli, un bel gruppo, tante risate. Forse per le troppe risate e la poca professionalità il coro si sciolse. Personalmente mi sono sentita orfana in quel periodo. Il nuovo coro dell’accademia si è formato a fine gennaio di due anni fa. Tiziano mi aveva appena lasciato. Lei non era stata in grado di mettersi un minimo in discussione per me. Mi sentivo una tabula rasa, mi sentivo tutta da riscrivere, avevo la precisa consapevolezza che più in basso non sarei più potuta andare, che potevo solo risalire. E l’ho fatto. Mi sono svegliata dal torpore, ho cacciato a schiaffi la depressione che non mi permetteva di alzarmi da letto fin da dopo la laurea, ho fatto l’esame di stato, mi sono iscritta al coro, ho iniziato a prendere lezioni di tecnica vocale, ho trovato lavoro, mi sono ripresa il mio uomo. Tutto in quattro mesi. Per questo nel coro ci ho messo l’anima. È stato fine e mezzo di una rinascita bellissima. Questo nuovo coro mi ha messo da subito di fronte ad una dimensione diversa del cantare. C’erano molte meno risate, molto ma molto più impegno. C’erano programmi impegnativi e musica nuova tutta da scoprire. Ho scoperto il barocco e ho provato emozioni che non pensavo una musica non moderna potesse darmi. E gli ho dedicato serate dopo 10 ore di lavoro, l’ho pensato da subito una cosa mia.
ho imparato meglio cosa significa usare la voce, la differenza tra una nota che prendi perché semplicemente ci arrivi e una che ti nasce da dentro. E ho purtroppo anche iniziato ad avere un’ansia da palcoscenico mostruosa.
eppure quel palcoscenico mi fa sentire viva. Un po’ come quando faccio gli addominali: lì per lì ti fa male e vorresti finisse, quando hai finito hai un’energia addosso che ti fa dire “ci vediamo la prossima lezione”, che non ti fa arrendere.


E quelle note che scrivono armonia sul pentagramma ho imparato a leggerle come se fosse un libro, le assecondo, mi fanno piangere di bellezza, mi comunicano qualcosa che non saprei spiegare se non attraverso il canto.
e mi sono accorta che invece l’idea di riprendere quella partitura mi provoca disagio, non benessere. È come se l’entusiasmo verso quella musica fosse stato coperto da una sofferenza più profonda. Antiche paure…la paura di non essere accettati, la paura di essere soli. È questo che lo zio G. ha scatenato in me. Non è stato solo un discorso di orgoglio. Non sono mai stata capace di prendere decisioni importanti lasciandomi guidare dall’orgoglio. È la ferita di aver investito tanto in qualcosa e poi essersi ritrovati soli al momento della resa dei conti. Non è una ferita professionale, è una ferita umana. Fosse stato un fatto professionale avrei pensato “mo ti faccio vedere io”…invece non sono stata in grado neanche di dirgli che mi stava facendo male.
sono assolutamente convinta della scelta che ho fatto. Amo Tiziano (e alla luce delle cose bellissime che mi ha scritto nei commenti credo sia evidente anche il perché) e con lui voglio dividere la vita e creare una famiglia. Ci sono, tuttavia, delle cose che mi è pesato lasciare giù. Una di queste è il coro, chiaramente. Mi aspettavo che questo il maestro lo capisse. Volevo disperatamente che lo capisse. E invece no. Mi aspettavo comprensione. Volevo anche sentirmi ancora parte di un qualcosa per cui, veramente, ho dato fino all’ultima cellula. Mi piaceva pensare che questo mio amore per la musica, questo mio impegno nel coro avessero lasciato un segno. Per questo mi sono sentita usata. Mi sono sentita una voce, non una persona. Come voce sono assolutamente rimpiazzabile, come persona speravo di non esserlo.
è tutto qui, in realtà.
devo capire quanto se andassi giù venerdì sera alla prova e poi sabato al concerto lo farei per me. Ma, nel caso, lo farei perché amo cantare o per cercare ancora disperatamente di tenermi attaccata a qualcosa che mi sta sfuggendo? E perché per me, che odio le classificazioni e i criteri di appartenenza, è così importante potermi definire parte di un coro?

giovedì 5 maggio 2005

Era un bel pomeriggio, uno di quelli in cui pensi che nulla possa andar male. Erano giorni confusi. Pochi giorni prima un gesto istintivo ci aveva sorpresi abbracciati sul mio letto. Da allora non c’eravamo più visti. Poi quel giorno ci sentimmo. “vieni a casa mia?” il tempo di vestirmi, prendere il casco e sono andata. Incontro a cosa non potevo saperlo, ma sapevo che stavo bene e che potevo fidarmi. La casa che vedevo per la prima di tante volte, la sua camera piccola ma luminosa. La maglietta rosa traforata presto sostituita con il suo maglioncino verde. Ed in un turbinio di baci e carezze Venditti cantava quella che poi avremmo considerato la nostra canzone. Perché lei è solo la mia vita, lei è solo tutto il mondo, lei è solo una gran parte di me… Quel ragazzino con cui dividevo le sensazioni mi comunicava il rispetto ed l’adorazione che ancora adesso ritrovo nei suoi occhi. Fin dal primo giorno. Chissà se avemmo paura di dare un nome a quello che stava succedendo, non ci dicemmo nulla. Tacitamente quel pomeriggio segnava l’inizio della nostra storia comune. Uscita da casa sua ricordo che i fiori avevano colori più accesi, come se la primavera si fosse nutrita di quel sentimento che io sentivo nascere oppure riconoscevo per la prima volta nella sua interezza. Mi stavo innamorando, di nuovo, di lui. Lui che c’era stato, che era già stato il mio fidanzatino, il mio migliore amico, un punto di riferimento importante. Lui che forse la paura aveva bloccato, lui che aveva saputo, da me, ma non aveva compreso. Lui che non aveva giudicato, lui che sapevo mi volesse bene. Questo pensavo tornando a casa. Ricordo l’angolino di cielo che si vedeva dal casco, il panorama dal ponte, la sensazione di leggerezza assoluta, come se un masso enorme mi fosse scivolato via dal cuore. Poi tante cose ci sarebbero state da capire, affrontare, chiarire, ma forse già in quel momento sapevo che l’avremmo fatto insieme. E nella mente le parole di una delle canzoni che mi aveva registrato… tu, non sarai mica tu, una saponetta che scivolando non c’è dimmi che da un’ora tu hai bisogno di me, che ti ossigeno di più, dimmi che tu non sei un miraggio ma sei tu…
è passato tanto tempo, tanti pomeriggi, tante canzoni…quella stanza non c’è più, forse a ricordarci che non si può vivere nel passato, che bisogna proiettarsi nel futuro…siamo più grandi, siamo cresciuti, maturati, ma siamo insieme.
ora come allora.
grazie amore.

mercoledì 4 maggio 2005

si lo so, ha ragione, lo sapevo da sola che anche studiando da sola non sarebbe stata la stessa cosa. però un rifiuto è un rifiuto. e una porta sbattuta in piena faccia fa male, e tanto. fa male quando ci hai comunque creduto, quando stai faticando per continuare a far parte di qualcosa in cui hai messo l'anima. perchè farmici credere?
e che cazzo mi ha chiamato a fare giorni fa per chiedermi se c'ero? io l'ho detto subito che avrei potuto studiare a distanza... e oggi un rifiuto totale, non posso farti partecipare al concerto. va bene, ok incasso, sto zitta e scompaio. ma scompaio su serio. e non venirmi a dire lo faccio anche per rispetto verso gli altri coristi che hanno provato un sacco. bene, vero. loro hanno provato. ma quandomai hai detto a qualcuno dei tuoi coristi di non partecipare ad un concerto perchè non sapeva la parte? no, dimmi quando, cazzo. c'era gente che dopo tre mesi di prove non la sapeva, la parte. a me non puoi concedere il beneficio del dubbio. va bene, che devo dire. come va bene che l'altra volta nessuno abbia pensato ad avvisarmi che si cantava a quella cena. va bene che nessuno abbia pensato che era plausibile fossi lì visto che c'erano le elezioni. va bene tutto, ma smettiamola di fare gli ipocriti. Sono fuori dal coro, è evidente, ma fuori mi ci avete mandato voi. Nonostante tutti gli scazzi, nonostante l'insofferenza rispetto a certe cose, IO ho continuato a volerne far parte. e per venire a cantare con voi sono stata ed ero anche stavolta disposta a farmi 500 km in due giorni. e ha pure il coraggio di dirmi fa come ti pare quando gli dico che non lo so se andrò al concerto a vederli. sai com'è, mi hai appena detto che non mi farai cantare, che ci saranno altri concerti (ma chi vuoi prendere per il culo, lo sai tu e lo so io che le cose non cambieranno nei prossimi mesi) il che mi sa tanto di contentino e  pensi pure che io ti dica che non vedo l'ora di farmi quei sopracitati 500 km in due giorni per vedervi cantare e cantare, in silenzio, le parti che in questi giorni ho imparato? ma pensi che sia di plastica? ma non ti sei accorto che stavo praticamente piangendo? ma sono mai stata considerata un po' più di un macchina per cantare in questo coro?
e comunque basta, mi concedo oggi per piangerci un po', domani è un giorno troppo importante per turbarsi con una cosa del genere. non pensavo mi prendesse così male, comunque. basta, da domani si cerca un altro coro. qui.

martedì 3 maggio 2005

un caldo pomeriggio ci ha visti riuniti in una chiesetta piccina, insieme a rose arancioni e margherite bianche. Lo sposo emozionato come non l'avevo mai visto. L'attesa, breve, e poi arriva lei. è bellissima, come tutte le spose, come tutte le persone felici. cammina sicura gli ultimi 10 o 12 metri da nubile al braccio del primo uomo della sua vita, visibilmente commosso. La cerimonia ha inizio. La prima volta che una cerimonia religiosa non mi annoia. Sono così emozionata che non riesco neanche a piangere. I miei occhi e quelli di uno dei testimoni si incrociano più volte. so cosa sta pensando. tra un anno quasi esatto al loro posto ci saremo noi. senza un prete a benedire ma contornati dalle persone che amiamo e forse anche da persone di cui magari non ci importa un granchè. E la cerimonia è un continuo di flashback. Le classi delle medie, le feste, le passeggiate, quanto eravamo piccoli... Si sposa l'unico amico che c'era prima della nostra coppia e le è sopravvissuto. Si sposa la persona che ci ha fatto conoscere, la persona che ha portato quel suo amico-quasi cugino alla festa di un suo compagno di classe, festa in cui una ragazzina un po' intraprendente  gli poggiò le gambe sulle ginocchia. Tutto è iniziato lì. E noi lo abbiamo visto formare diverse coppie, le abbiamo viste sfasciarsi. e poi è arrivata lei e anche noi ci siamo resi conto che poteva essere quella giusta.
non ci sono altre parole, auguri.