giovedì 30 giugno 2005

TU SEI BUONA


è probabilmente la frase più bella che qualcuno mi abbia detto, poichè è stata detta da una persona che non mi mi ama né mi vuol bene in maniera particolare. forse è vero, che sono buona intendo. in genere cerco di trovare l'armonia anche dove non c'è, cerco di ascoltare, di capire, cerco di evitare giudizi, cerco di non ferire le persone, se posso fare qualcosa per qualcuno beh, di solito, la faccio.
quindi ripetete: tu sei buona, tu sei buona, tu sei buona, tu sei buona.
convinti?
ci sono momenti in cui però questa mia caratteristica fa sì che io forse perda un po' di vista le cose. ci sono momenti in cui ad essere buona una poi rischia pure di star male. oggi è uno di quelli.
ve la ricordate Sfigata? sì sì proprio lei.
le cose sono un po' cambiate, telefona meno. però se ha un qualsiasi problema (dal ritardo a problemi con un ragazzo) il suo referente numero uno è sempre Tiz. lei di per sè è anche una persona simpatica e tale la troverei se non fosse per il piccolo particolare che è innamorata del mio uomo. e si vede, credeteci.
sapete dove sono, io, ora? a studio, evidente.
sapete dov'è Tiz, ora? al mare, potevate arrivarci.
con chi?
...
...
...
bravi, avete indovinato.
il fatto è questo: noi stasera scendiamo a rm e lui avrebbe voluto vederla (più che altro credo che lei insistesse) ma diciamo che sarebbe stato un po' complicato logisticamente, al chè la grande idea: viene giovedì mattina, col treno, e poi riscende con noi.
ditemi quale persona sana di mente e non interessata sarebbe disposta a fare una cosa del genere. so benissimo cosa c'è dietro. lo facevo anche io, con Daniele, ma cazzolina avevo 14 anni!
insomma il diavoletto sulla mia spalla spera in uno tsunami improvviso che se la porti via una volta per tutte, riposa-in-pace-e-amen.
l'angioletto sull'altra spalla mi ricorda che il mio uomo mi ama e glielo leggo negli occhi ogni volta che mi guarda.
e se da una parte l'angioletto sulla spalla mi riporta sulla retta via non posso negare di aver sofferto a bestia e di avere avuto le palle girate ad elica per tutto il pranzo. ho trovato certi gesti, come dire, fastidiosi. l'intimità del passarsi le cose nel piatto, per esempio. mentre venivo a studio mi sono chiesta se anche io ho mai fatto una cosa del genere con Greg, per esempio. no, mai fatta.
mi sento come se qualcuno mi stesse rubando qualcosa di intimo, come se volesse a tutti i costi entrare nella complicità del rapporto che lega me e l'uomo che amo.
cosa vorrei veramente? vorrei che lei non ci fosse, ma non oggi, sempre. vorrei non provare questo istinto felino di difesa di un territorio che voglio e sento mio. vorrei non dover mai più discutere di questo argomento, vorrei che il mio uomo capisse da solo che la cosa mi fa star male. vorrei che imparasse a vedere con occhi disincantati, come vedo io.
insomma forse avrei voluto che lei non fosse venuta, nonostante questo le ho prestato i miei elastici, il mio struccante, gli ho detto ciao-ciao con la manina e li ho visti andare al mare (per inciso io non sarei potuta andare comunque: è meglio evitare di bagnare la ferita), sorridendo pure.
che avevamo detto, che ero buona?
veramente non mi sento proprio così in questo momento...

ora ripetete tutti in coro: tu sei scema, tu sei scema, tu sei scema...

mercoledì 29 giugno 2005

MEDICAZIONI

Infermiera, dopo aver strappato tolto la garza che ricopre le abrasioni della fra: guarda che bella bella pellicina nuova che si sta formando...
la fra, con le lacrime agli occhi, e non era commozione: veramente mi ero affezionata a quella vecchia...

martedì 28 giugno 2005

FRIENDS


Monica: sembra che Erica non sia molto ferrata in educazione sessuale, con quello che ha fatto col tipo della prigione è molto difficile rimanere incinta...
Chandler: ah...è quello che non facciamo quasi mai o è quello che posso anche scordarmelo?
Monica: è quello che puoi anche scordartelo...

venerdì 24 giugno 2005

ALTRI MOTIVI PER RIDERE DI ME





ATTENZIONE: post di lunghezza esagerata ma di facile lettura. Se ne consiglia l’uso previa stampa e sotto l’ombrellone.


Il buon mr pink ha aperto il vaso di pandora delle figure meschine per cui soccombo e mi decido a rendervene edotti (così avrete altri motivi per ridere di me)
andando per ordine e citando solo quelle più eclatanti:

1) la fra è una bambina delle elementari, a detta della maestra è un genio, a detta dei genitori è bravissima, a detta dei compagni è molto brava, insomma la piccola fra è una che ci crede. Una mattina la mamma la manda a fare la spesa sotto casa (naturalmente guardandola dalla finestra, la mamma è una T.M.I.-Tipica Mamma Italiana) dandole una listina di cose da comprare. Tutta precisa e scritta bene. Si verificano due eventi che poi scopriremo essere fatali: la mamma non tiene conto del fatto che la pargola è in seconda elementare e ancora non conosce il sistema metrico decimale e la fra non legge la lista prima di uscire.
la fra si sente grande e, come abbiamo appurato, ci crede. Entra dal salumiere, saluta, fa la fila, finalmente tocca a lei.
sal: allora che gli do a questa bella bambina?
la fra guarda la lista, si accorge che c’è una cosa che non le significa nulla: “hg”, non ha la minima idea di cosa significa per cui dà per scontato che non significhi null’altro di quello che è scritto e con la voce da donna vissuta quale in quel momento si sente, afferma a voce alta:
vorrei due accagi di prosciutto!
per molto tempo la fra non è più andata in quel negozio a fare la spesa…

2) la fra è una bambina delle elementari, a detta della meastra è un genio, a detta dei genitori è bravissima, a detta dei compagni è molto brava, insomma la piccola fra è una che continua a crederci. E oltretutto ormai conosce benissimo il sistema metrico decimale, tiè! Una mattina la mamma la manda a fare la spesa sotto casa (naturalmente guardandola dalla finestra, la mamma è una T.M.I.-Tipica Mamma Italiana e non ha avuto modo di cambiare nel frattempo) dandole una listina di cose da comprare. Tutta precisa e scritta bene.
la fra si sente grande e, come abbiamo appurato, ci crede sempre di più. Entra dal salumiere, sì il solito salumiere ché sotto casa solo quello c’avevamo, saluta, fa la fila, finalmente tocca a lei. La serve il figlio del salumiere: uno strafigo da paura, uno di quelli che se la piccola fra avesse saputo cosa voleva dire se lo sarebbe fatto seduta stante. All’epoca si prese una cotta da paura e basta.
sal strafig: allora che ti do?


la fra: un etto (lanciando un missile dalla più alta delle sue torri, si sente donna fatale, sì lo so ha 9 anni, ma certe cose iniziano presto) di salame!
sal strafig: a pezzi o macinato? (rivolgendosi evidentemente alla composizione del salame, coi pezzi di carne più o meno grandi)
la fra, guardandolo come se fosse stato un povero mentecatto e con l’atteggiamento da guarda che mi tocca spiegare a un plebeo del genere sarai pure bono ma non c’hai cervello, secco: a fette!
la fra non è più tornata a fare la spesa in quel negozio, immaginate perché.



3)la fra è una ragazzina delle medie, a detta degli insegnanti è un genio, a detta dei genitori è bravissima, a detta dei compagni è una stronza mostruosa, forse c’ha creduto troppo.
a scuola si fa la ginnastica con classi accorpate quindi capita che una seconda o una terza si trovino con una prima. Quindi ragazze della terza, con tutte le loro cose al posto giusto e con gli ormoni impazziti, come la fra, si trovano con ragazzine non ancora sviluppate e un po’ bambine. Nella scuola ci sono due bambine, gemelle, brutte ché dirgli brutte è fargli un complimento: sono basse, senza tette né culo ma in compenso hanno un bel paio di baffetti per uno, la fra le ha incrociate una volta senza curarsi di chi fossero e soprattutto dando per scontato che appartenessero ad un genere diverso dal suo. Insomma la fra stava facendo ginnastica, la natura chiama con una certa insistenza e lei si incammina negli spogliatoi per svolgere le sue funzioni fisiologiche elementari.
Entra e caccia un urlo dicendo “andate via brutti maiali”.
Indovinate un po’ chi erano. Ecco. La fra da allora e per tutto l’anno se doveva fare la pipì ha imparato a tenersela.

4)la fra è una ragazza bella che navigata, sta con l’uomo della sua vita da almeno 4 o 5 anni, è stata accolta in casa di lui come un’altra figlia (

la QFS non  era ancora impazzita). Insomma aveva anche una certa confidenza con la mamma del suo uomo.
la QFS stava cucinando e chiacchierava con la fra. Il discorso cadde sulle ostriche.


QFS: ah, sono buonissime


la fra: a me personalmente non piacciono. Mi fa senso l’idea di mettermi in bocca una cosa del genere
QFS: e poi, ammiccando, pare che siano pure afrodisiache…


la fra, dimenticando completamente sia la location che l’interlocutrice, con sguardo complice e maiale: a me ‘n me servono…


Tiz, a voce bassa, sillabando: ma che caz zo di ci!
la fra: beh, è tardi, forse è ora che vada ché mamma si preoccupa, amore andiamoooooooo?”


5)la fra è una ragazza che fa l’università da almeno due anni. Cammina a madonna dei monti (location ufficiale della facoltà) insieme ad alcune amiche e colleghe, tra cui Milena. Intorno la vita scorre, è l’ora di pranzo per cui nelle vicinanze del portone c’è tutta la facoltà che entra o esce o si fa semplicemente i cazzi suoi, docenti compresi, i turisti che da lì vanno ai Fori e gli avventori del ristorante cinese dell’angolo. Dicevamo? Ah, sì, insomma si parla di profumi. La fra è assolutamente innamorata dei profumi, questo lo si sa. All’epoca non sapeva ancora neanche come si chiamasse ma c’era un profumo del body shop che lei adorava e che aveva provato in Inghilterra.
Milena: ah, poi c’è quel profumo buonissimo, stupendo del body shop, lo conosci?


la fra: sì non so come si chiama ma a me…e qui immaginate il vuoto cosmico che si crea e per qualche incomprensibile ragione tutto, tutto, il rumore del mondo esterno si azzera di colpo e risuonano alte, forti e scandite le parole…fa venire una gran voglia di scopare!
la fra ha mangiato per un po’ in cortile


6) a mensa, secondo anno. La fra, Mile e Greg erano un trio, Mile e Greg erano una coppia. Il rapporto tra loro faceva sì che la fra fosse la confidente di entrambi e, non avendo mai avuto remore nel parlare di se stessa, entrambi loro avessero lo stesso ruolo per lei. Anche sessuale. Era un periodo (è mai passato?) in cui piaceva loro scherzare e provocare molto su queste cose. Memorabile fu lo zabaion party, ma non divaghiamo. Insomma si era a mensa. Via paolina. C’era il sistema a punti e coi 5 miserrimi punti non si riusciva a prendere sia la frutta che il dolce perciò la fra prendeva uno dei due e Milena l’altro, poi si divideva. La frutta che la fra preferisce sono le banane, anche perché è facile mangiarle senza sporcarsi. Milena aveva preso una torta alla panna. Da cosa nacque cosa. Il tempo di guardarci e io già pucciavo la banana nella panna della sua torta. Da lì in poi ho dato il meglio di me. Diciamo che non sono stata molto a far caso di essere in un cortile assolutamente zeppo di gente e ho fatto un pompino degno di nota alla banana, con tanto di ingoio. e vabbé.
qualche giorno dopo la fra è fuori dalla mensa che aspetta Mile e Greg e gli altri del gruppo. Si sente stranamente osservata e già parte la paranoia oddio sono truccata male, ho i vestiti sporchi, sono grassa (vero, peraltro). La sensazione continua, vede due che la fissano. si sposta, dissimulando il più possibile l’intento, a portata di orecchie. Poi uno dei due la indica e dice all’altro “lei è quella della banana”.
c’è bisogno di aggiungere altro?


7) la fra, mr pink, art e altri sono in aula, 3° anno?, aspettando il prof.(storia?). qualcuno ha comprato un ovetto kinder e dentro c’era un uccello di plastica (?!) da montare.
partono le solite battute…pià ‘n po’ ‘st’uccelloneleva de mezzo l’uccellone…etc, la fra non interviene perché sa già che la figura di merda altrimenti ci scappa, 10 a 1. poi, presa da non so quale ripensamento si avvicina e fa: beh, è finita la sagra (voleva dire saga, chiaramente) dell’uccellone?

8)questa è da oscar
la fra prende il treno per tornare a munculo, dove abita coi suoi, tutte le sere o i pomeriggi. Capita che sul treno si incontri gente che non si vede da un sacco di tempo. Ecco, cazzo, capita, ma perché a me? Insomma la fra incontra questo ragazzo, scout del Castello, con cui ha fatto uno o due campeggi. Parla di qua, parla di là, si arriva a parlare del passato.
ragazzo: ma poi ti sei lasciata con Daniele?
la fra: veramente…io e Daniele non siamo mai stati insieme…


ragazzo, che sembra sinceramente sconvolto: ah.


la fra: eh già…


ragazzo: ma io pensavo che chi facesse certe cose insieme… stesse insieme…
la fra sente un piccolo campanellino d’allarme ma, stupidamente, lo ignora e con il giramento di palle incipiente dice con aria scocciata di quella che vorrebbe far cadere il discorso: e tu che ne sai? Non dirmi che è ancora l’argomento più gettonato alle scalette…


ragazzo, con sguardo furbetto: non credo, ma io non avevo bisogno di andare alle scalette per saperlo…


la fra:?


ragazzo: ehm, sai, in tenda, quella notte…c’ero anch’io.


E il viaggio prosegue in silenzio mentre la fra capisce perché da quando l’ha vista il ragazzo non ha mai smesso di (ri)guardarle le tette.

bene, direi che avete un quadro esaustivo per la voce “figure di merda della fra”.
Buona vita gente, a lunedì!

giovedì 23 giugno 2005

CORRERE DRITTI ALLA META

la vostra umile narratrice erano tipo 13 anni che non correva. correva con la tuta, le scarpine etc, per intenderci. un po' la pigrizia innata, un po' il mal di testa, un po' i troppi kg di zavorra, insomma tanti motivi. ieri sera la V.U.N. s'è decisa: ha messo la tuta, una magliettina, le scarpe da ginnastica e, con la sua dolce metà, è uscita decisa a vincere questo tabù. il fatto che l'uomo di casa ripetesse come un disco rotto "oggi si fa la storia" dovrebbe farvi rendere conto della portata epocale dell'evento (ché se fossi Ratzinger un po' mi gratterei...). insomma si inizia a correre, dopo 2 o 300 m la V.U.N. si rende conto che non è cosa: le fa male la schiena (c'ha una protrusione...) e tutto il peso della sua massa posteriore (il culone) lo sente lì. vabbé, nulla di grave, ci si riproverà...poco alla volta. però, c'è sempre un però, tornando verso casa alla V.U.N. viene voglia di correre, di correre libera, in velocità. vabbé, dice un poco convinto Tiz. si parte, scatto, mi sento libera, felice, Ben Johnson, finché... finché non essendo abituata a correre non riesco a controllare più le gambe che decidono di andarsene per conto loro. giuro non riuscivo neanche a rallentare. l'epilogo, triste, è questo: praticamente, e non so come, mi sono accartocciata su me stessa e sono caduta mi sono scatafasciata come una bambina di due anni. il mio cervello nel cercare di salvare il salvabile (tranne l'ego, per quello mi spiace signora non c'è stato nulla da fare) ha inviato i seguenti, disperati, messaggi:
a) gambe: fate da zavorra e impuntatevi sul terreno (messaggio pervenuto al ginocchio sinistro)
b) avambracci: frenate la caduta (messaggio pervenuto all'avambraccio destro)
il risultato è un ginocchio dolorante e livido e un avambraccio diventato un tutt'uno con l'asfalto, nel senso che la polvere si è infilata bene bene nella ferita (che misura approssimativamente 10x10 a ridosso del gomito). inutile cercare di capire come abbia dormito stanotte, non ci riuscireste mai e neanche io visto che sto ancora qui a chiedermi come avrei dovuto posizionarmi per riuscire a chiudere occhio.
quindi, avendo oggi un incontro di lavoro per presentare un P.R. a cui lavoro da tipo un mese e mezzo ed essendoci 78 gradi all'ombra, ergo dovrò andarci con la ferita bella in vista, che scusa metto?
a) la verità, così mi prenderanno per una deficiente e penseranno o  che il lavoro non l'ho fatto io oppure che avendo solo pochi neuroni attivi erano tutti impegnati sul lavoro;
b) stavo tranquillamente per i fatti miei quando un ufo volando rasoterra ha causato una tempesta astrale che mi ha gettato a terra facendomi ruzzolare. (voglio dire: se credete che i programmi della DeFilippi siano veri potete bervi pure questa)
c)non so cosa sia successo: stamane mi sono svegliata così (praticamente "non c'ero e se c'ero dormivo")
comunque la metto la figura di merda è assicurata.
un lato positivo? tornando, claudicante, a casa ho detto a Tiz: "beh, però sono stata brava..." e poi io e lui in contemporanea "non ho/non hai PIANTO". ecco, ora si più dire che la dignità sia salva.

martedì 21 giugno 2005

ma non era marzo pazzerello? bah.
le giornate  quando sono belle mi riportano indietro a periodi che tutto sommato mi mancano, come l'università. giugno era il mese della resa dei conti, dovevi capire che esami dare, quando, quali lasciare indietro. fare un po' il punto della situazione, insomma.
però quest'aria di primavera inoltrata e annoiata mi ricorda soprattutto l'esame di scienza, più che l'esame il periodo del corso. mi sentivo felice e me lo risento ancora adesso addosso. quell'aspettare l'inizio della lezione nel giardinetto davanti alla columbus, i massaggi alle spalle fatti ad una Milena che fusacchiava, la scoperta di un fumo un po' proibito un po' illegale un po' disinibente. e poi a lezione, scrivi sul quaderno "green day: sono fumata e non ci sto capendo un cazzo", alzi lo sguardo e ti specchi in occhi che si sono appena visti scrivere sul proprio quaderno la stessa cosa. con Greg che non sapeva se fosse dignitoso perdere una persona che in fondo non voleva più. con Milena che scopriva l'amore e mi cantava le canzoni di Cocciante che lui le aveva registrato, con Pomicio/2 che rispondeva alle nostre domande con imbarazzo e sincerità. Poi boh. mano mano tutto questo si è andato perdendo. quell'atmosfera così adolescente non c'è più stata. e io, Mile e Greg non siamo più stati un trio. mi piacerebbe forse riprendere i fili, mi piacerebbe fare un po' la burattinaia di questi nostri rapporti un po' persi. no, l'affetto c'è sempre. è l'urgenza del dividere le cose con l'altro che non c'è più. quando ci ritroviamo ci raccontiamo le cose senza pudori, con la complicità di allora. forse è questa, semplicemente, l'essenza dell'amicizia: il non avere bisogno del contatto per sentire l'altro vicino. negli anni ho imparato a contare soprattutto su me stessa: è stata una lotta. dietro ogni giorno di solitudine leggevo un rifiuto che in realtà non c'era. per anni ho avuto bisogno di costanti rassicurazioni. mi stupisco, oggi, che ci siano persone di allora ancora vicino a me. e le valuto di conseguenza.

lunedì 20 giugno 2005

COSE DA NON CHIEDERE A MAMMA

Dicono che quando ci si depila le gambe sia il caso di idratare la pelle abbondantemente con una bella crema, magari profumata. Ma quando ci si depila altre cose?

giovedì 16 giugno 2005

MURATORI E PENSILINE

dì là abbiamo i muratori. io oggi indosso una maglietta che lascia le spalle nude (e il reggiseno con le spalline trasparenti, sì sì quelle da lonza) ed è un pochino trasparente. forse lo sguardo alla dove lo porti tutto 'sto ben di dio di uno di loro quando gli ho aperto la porta dovrebbe farmi capire qualcosa.

martedì 14 giugno 2005

FIGGHIA MIE NUN CE LASSA'...

...ma visto che te ne sei andata portati via tutto.
ci sono genitori che quando i figli se ne vanno da casa lasciano la loro stanza com'era, non toccano nulla. i miei ogni volta che scendo mi ammollano roba da portarmi via. "ma questo non ti serve?" "quando ti porti via quello?" "sistema la stanza ché mi serve spazio". ora siamo arrivati all'assurdo. mia madre deve svuotare il congelatore e mi da le scatole di roba anonima tipo scopri cos'è se vi piace bene altrimenti buttala. non ho parole.
questa riflessione implica che, come annunciato, sono scesa a RM questo fine settimana. come al solito ho fatto 3000 cose e ne ho lasciate altrettante non fatte. (però ho votato, tiè)
domenica pomeriggio si è festeggiato il primo compleanno di Eleonora e mi sono ricordata che, ops, anche questo blog ha compiuto un anno. questa del blog si sta rivelando una bella esperienza, sta consolidando amicizie vecchie e facendo nascere rapporti nuovi. bello.

della serie nuovi arrivi a casa la-tana...habemus gattam! in realtà habemus da 15 giorni, volevamo presentarla di persona, ma non collabora molto (trattasi di gattina di 7 settimane un bel po' traumatizzata) perciò l'annuncio fotografico è saltato e se leggete di una certa Kira ora sapete chi sia.
inoltre l'affare macchina si è felicemente concluso, sono tornata su con la mia ka  313 (e non provate a chiamarla in altro modo, è troppo paperinosa) e sono contentissima, anche se la 145 compagna di tanti mercatini so che mi mancherà ( e soprattutto il suo mega bagagliaio).

non sto divagando, so di aver scritto un post pesante venerdì. ringrazio molto chi mi ha fatto sentire la sua vicinanza. le cose vanno meglio, almeno un po'. l'onda d'urto del mio tsunami interiore non si è ancora riassorbita, ma contando i danni non è stata la tragedia che poteva essere. non mi sono buttata sul cibo come accadeva in passato e questa è un'enorme vittoria. il resto passerà, come sempre.

venerdì 10 giugno 2005

Un film, tante lacrime, un libro.
strano che sia avvenuto in quest’ordine. Un giovedì, una settimana fa, da sola dalla mattina alla sera con quel motivetto che rimbalzava nella testa come un flipper.
bang bang
he shot me down


Bang bang
I hit the ground
bang bang
that awful sound
Bang bang
my baby shot me down
ecco, in quel my baby c’è l’essenza del film e di tutte le mie lacrime. Il tradimento da parte di chi ti fidi, da cui non te lo aspetteresti mai. E la ricerca di vendetta come un balsamo, un sollievo. Che arriva ma ti lascia vuota, perché la morte della persona che ti ha fatto del male, sia che l’abbia causata tu che se sia avvenuta in altro modo, non cancella il male che ti è stato fatto. Il tempo che hai dovuto spendere per riprenderti qualcosa che doveva essere tuo, la tua vita, la fiducia nel mondo. Hai vinto, alla fine, ma quanto ti è stato fatto perdere? E con questo disagio tra la testa e le scarpe mi sono trascinata per tutto il giorno, con lacrime che si condensavano all’interno e pesavano sul cuore. Finché non è arrivato il mio uomo e sono riuscita a parlarne. E per la prima volta in vita mia ho chiesto posso piangere un po’? e sono scoppiata in singhiozzi. Credo di non aver mai pianto in quel modo. Come per scuotere qualcosa, per scrollarmi di dosso quella condensa.
tante parole e poi un libro. Per capire che si sopravvive anche agli orrori. Ho capito perfettamente perché è stato scritto, quel libro. Per lei, per uscire definitivamente da quella stanza. Parlare è così difficile, c’è sempre qualcuno che può intervenire, che ti può far male. Scrivere è un gradino più in basso a livello emozionale. Anch’io ho scritto, dopo 12 anni. Ne ho scritto e sono stata meglio. La mente a volte si salvaguarda e ci confonde i ricordi. A tal punto che rischi di chiederti se non sia tutto frutto della tua mente malata, se per caso non ti sei auto-convinta di qualcosa che non è mai esistito. Per non impazzire a volte è necessario ricordare e farsi male. Perché le cose sono accadute, hai le foto, conosci una stanza che non avresti dovuto conoscere. Ricordare è brutto ma non è peggio che credersi pazza. So che ora guarderei il mio personale mostro fino a fargli abbassare lo sguardo. Ma so anche che lo ucciderei con le mie mani. Ma so anche che poi mi sentirei svuotata. So che ho dentro una ferita e ormai ho imparato che far finta che non esista non risolve nulla perché poi ad ogni angolo di strada buia che incontro la paura e l’angoscia si ripresentano. Tanto vale, allora, tener ben presente nella memoria il danno, farlo diventare una parte di quella che ormai sono in modo da non trovarmi mai più indifesa nei confronti della cattiveria del mondo.

lunedì 6 giugno 2005

L'OSPITE

Sono stati giorni…particolari, ecco.


Sono stata forse una stronza, forse egoista, forse tante cose ma non sono riuscita ed essere la buona amica che la situazione richiedeva, indubbiamente. Venivo da un giovedì sola a casa passato in lacrime, per i cazzi miei, l’ospite non c’entrava nulla ma di fatto mi sentivo ancora spossata e triste, indefinibilmente triste.
l’ospite sta male, inutile negarselo. Ma la consapevolezza dei problemi di qualcun altro invece di spronarmi ad aiutarlo, come è solito accadere, stavolta mi ha provocato un sentimento di quasi intolleranza.
forse mi ha dato fastidio il fatto che gli altri non mi abbiano risposto all’invito (ma come dicevamo con lei, vuol dire che avrò meno remore a depennare dalla lista degli invitati per una festa ben più importante), forse mi ha dato fastidio che lei non si sia fatta sentire per più di 6 mesi, che non si sia degnata di rispondere neanche a i miei messaggini tipo “ciao bella come stai?” e poi non abbia avuto remore a venire a casa mia per tre giorni.
e non ho avuto voglia di fare la cicerona, di rendermi simpatica, di cambiare i miei programmi.
e sarò fatta male, ma io cose come queste non le sopporto:
prologo: il fratello dell’ospite, che io conosco ma tutto sommato poco, domenica sera arrivava a Populonia per cose della sua università. Nd.fra Populonia è a circa 50 km da casa nostra, quindi andare e tornare sono circa 100 km
location: in macchina, io, Tiz e l’ospite
ospite, al telefono con la mamma: a che ora arriva V. (il fratello, n.d.fra) a Populonia?
mamma dell’ospite, dall’altro capo: alle 19 circa
ospite: ah allora credo che stasera andremo a trovarlo, tanto è bello, è qui vicino.
il tutto con noi presenti e prima di ciò del tutto ignari della cosa.


Chiaramente a Populonia poteva andarci in ginocchio sui ceci, per quanto mi riguardava. Cioè vuoi impormi una serata con gente che non conosco o che conosco poco, in pratica vuoi che ti faccia da autista, ma non ti preoccupi neanche di salvare le apparenze? starai pure male, ma i cazzi tuoi te li curi bene, come al solito. Solitamente se sono ospite, io tendo a non imporre mai la mia volontà o i miei desideri.

e dopo aver sputato questo veleno, torno a ribadire, e lo faccio soprattutto per me, che le cose non sono semplici, che una malattia non elimina l’egoismo congenito delle persone e che lei sta veramente male. Che è irriconoscibile, che ha meno della metà della verve di un tempo.


Forse se io fossi stata meglio sarebbe stato diverso, ma anche io stavo male, per una cosa, per una serie di cose, e sapevo che con lei non potevo parlarne e quando ci ho comunque provato lei come al solito non ascoltava, era concentrata su se stessa, sul suo palcoscenico, sul suo desiderio di un pubblico.


L’abbiamo ascoltata, l’abbiamo comunque portata a spasso, le abbiamo cucinato tutte cose senza frumento, uova, carote facendo finta di non vedere che poi mangiava il gelato senza problemi (a proposito, sostituire tutta la farina con la fecola di patate in un dolce non è una grande idea, sappiatelo. E, sempre per blog-utilità, la pizza con la farina di manitoba viene bene). Insomma abbiamo cercato di farla comunque sentire a suo agio e stare bene. Ma con difficoltà.

so che lei sta facendo tanto, tantissimo, per risolvere i suoi problemi, so che sta prendendo una cifra di farmaci, e per lei è una cosa enorme, ma ho come l’impressione che abbia tirato un po’ troppo la corda, e, veramente, mi dispiace ma io non ce la faccio ad inventarmi diversa per chi non si è mai curata di capire come sono fatta.