venerdì 10 giugno 2005

Un film, tante lacrime, un libro.
strano che sia avvenuto in quest’ordine. Un giovedì, una settimana fa, da sola dalla mattina alla sera con quel motivetto che rimbalzava nella testa come un flipper.
bang bang
he shot me down


Bang bang
I hit the ground
bang bang
that awful sound
Bang bang
my baby shot me down
ecco, in quel my baby c’è l’essenza del film e di tutte le mie lacrime. Il tradimento da parte di chi ti fidi, da cui non te lo aspetteresti mai. E la ricerca di vendetta come un balsamo, un sollievo. Che arriva ma ti lascia vuota, perché la morte della persona che ti ha fatto del male, sia che l’abbia causata tu che se sia avvenuta in altro modo, non cancella il male che ti è stato fatto. Il tempo che hai dovuto spendere per riprenderti qualcosa che doveva essere tuo, la tua vita, la fiducia nel mondo. Hai vinto, alla fine, ma quanto ti è stato fatto perdere? E con questo disagio tra la testa e le scarpe mi sono trascinata per tutto il giorno, con lacrime che si condensavano all’interno e pesavano sul cuore. Finché non è arrivato il mio uomo e sono riuscita a parlarne. E per la prima volta in vita mia ho chiesto posso piangere un po’? e sono scoppiata in singhiozzi. Credo di non aver mai pianto in quel modo. Come per scuotere qualcosa, per scrollarmi di dosso quella condensa.
tante parole e poi un libro. Per capire che si sopravvive anche agli orrori. Ho capito perfettamente perché è stato scritto, quel libro. Per lei, per uscire definitivamente da quella stanza. Parlare è così difficile, c’è sempre qualcuno che può intervenire, che ti può far male. Scrivere è un gradino più in basso a livello emozionale. Anch’io ho scritto, dopo 12 anni. Ne ho scritto e sono stata meglio. La mente a volte si salvaguarda e ci confonde i ricordi. A tal punto che rischi di chiederti se non sia tutto frutto della tua mente malata, se per caso non ti sei auto-convinta di qualcosa che non è mai esistito. Per non impazzire a volte è necessario ricordare e farsi male. Perché le cose sono accadute, hai le foto, conosci una stanza che non avresti dovuto conoscere. Ricordare è brutto ma non è peggio che credersi pazza. So che ora guarderei il mio personale mostro fino a fargli abbassare lo sguardo. Ma so anche che lo ucciderei con le mie mani. Ma so anche che poi mi sentirei svuotata. So che ho dentro una ferita e ormai ho imparato che far finta che non esista non risolve nulla perché poi ad ogni angolo di strada buia che incontro la paura e l’angoscia si ripresentano. Tanto vale, allora, tener ben presente nella memoria il danno, farlo diventare una parte di quella che ormai sono in modo da non trovarmi mai più indifesa nei confronti della cattiveria del mondo.

3 commenti:

  1. Sono un pò confuso. Vorrei chiederti di parlare di ciò che ti sta facendo sentire così, ma se volevi scriverlo, probabilmente l'avresti fatto. Perciò resto nella mia ignoranza rispettosa.
    Qualsiasi cosa ti faccia star male, ti offro la mia solidarietà. Non è molto, anzi, non è nulla, ma da qui posso dare solo questa.
    A presto
    Mr. Pink

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  2. Non credevo avessi vissuto un'esperienza simile, ti stringo forte.

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  3. Ho capito. Troppo, o troppo poco, ma intuisco.

    Come sopra, più di prima.

    Mr. Pink

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